Giulio Cesare o della congiura
Rappresentato al Teatro Argot Stagione 2002-03
di W. Shakespeare regia di Maurizio Panici con Edoardo Sylos Labini, Leandro Amato, Francesco Frangipane, Massimiliano Benvenuto, Francesco Maria Cutrupi, Giuseppe Argirò
Scene e costumi Tiziano Fario Disegno luci Umile Vainieri Musiche Paolo Vivaldi Collaboratore musicale Fabrizio Pigliucci Voce solista Francesca Cassio Viola da gamba Paolo Pandolfo Zarb DafAiuto Mhosen Kassirosafar e Simonetta Imperiali Aiuto regia Marzia G. Lea Pacella Assistente alla regia Tiziano Panici Datore Luci Camilla Piccioni Maestro D’Armi Giovanni Ferranti Scenografia Nuova Scenografia Italia Attrezzeria Rancati Trasporti Coop. Venezia Glulla Edizioni Musicali Flipper Music Foto di scena Barbara Ledda Ufficio stampa Simona Carlucci Direzione amministrativa Eleonora Bossi Segreteria organizzativa Savina Tamborini Organizzazione Argot
Giulio Cesare è la prima vera tragedia problematica di William Shakespeare, anticipatrice della trilogia più famosa e conosciuta delle grandi tragedie (Amleto, 1601), (Otello, 1604), (Macbeth, 1606) dove l’autore ci presenta conflittualmente i turbamenti più profondi e i drammi non solo dell’animo umano, preda continua di emozioni e violente passioni, ma dell’universo stesso in cui tragicamente vive e opera.
Ed è questo ricollocare al centro l’operato individuale rispetto alla storia, che fa di questo “dramma romano” un esempio di come l’invidia di Cassio, la problematicità di Bruto, o la stessa maestosità del ruolo di Cesare siano determinanti alla complessità della situazione storica e delle scelte conseguenti che la stessa impone. A partire da questa riflessione, questo Giulio Cesare si muove drammaturgicamente da un brusio indistinto fatto di voci, suoni e ossessioni al cuore di ognuno dei protagonisti, eliminando così ogni contesto storicizzante, isolando le ragioni di ognuno e riconsegnando la storia di un gruppo di uomini travolti dalle invidie, vinti dalle certezze, contagiati dalla crudeltà e dal caos, intrisi di furore e di tensione insopportabile mai acquietata se non di fronte alla morte.