Dal 5 APRILE 2018
mar-sab ore 20.30 dom ore 17.30
ARGOT PRODUZIONI
TEMPESTA
di William Shakespeare
adattamento e regia Maurizio Panici
con Luigi Diberti, Selene Gandini, Alessandro Carbonara, Veronica Franzosi, Matteo Quinzi, Antonio Randazzo e Andrea Standardi
musiche Giovanni Di Giandomenico
scenografia Francesco Ghisu
costumi Anna Coluccia
light designer Giuseppe Filipponio
aiuto regia Maria Stella Taccone
durata 100'
foto di copertina di Manuela Giusto
"Maurizio Panici lascia il pubblico e l’equipaggio della nave di Antonio, usurpatore del ducato di Milano, in balia del dramma, della commedia, ma soprattutto della parola in quanto tale che dopo il naufragio sembra approdare anch’essa sull’isola, lambire i piedi e farsi essa stessa mantello di un Prospero che proprio nella parola ripone la sua potenza. Al netto della riduzione che esalta del dramma in cinque atti non il contesto storico, non le lunghe esposizioni di antefatti ma una fruizione più agevole e simbolica, nel quale il contesto dell’opera si fa metafora del contemporaneo e la visione è tesa fortemente a interagire con la sensibilità del pubblico, la vicenda è quella dell’esiliato Prospero. [...] Mentre Miranda e Ferdinando si innamorano, mentre Calibano ruggisce e i naufraghi si attaccano a una bottiglia come illusorio legno nella tempesta che invece va vissuta come atto di rinascita. Lì, in alto, i microfoni sono solo per chi possiede il dono della parola. «Canta, Ariel, canta dolcemente, pericolosamente», scrive Auden e recita Prospero, e l’Ariel diretta da Panici, un’ispiratissima Claudia Gusmano, istrionica e seducente le segue: canta la sua Another Brick in the Wall – libertà! Della e dalla parola – e si muove in quella separazione dei corpi che vive con Prospero. Lei gambe e lui braccia da tendere ai libri prima e agli uomini poi; lei spirito aereo lui uomo che abbandona il trono della magia, che scende nella terra liberandosi del mantello con cui si erge a demiurgo, a consacrare il dramma di quel Prospero che diventa uomo e afferra tremando “il silenzioso passaggio dello sconforto”, riconciliandosi così con la società degli uomini".
"Panici crea abilmente una ballata che si barcamena, proprio come fosse in tempesta, tra la metrica serrata del testo, e il rock irriverente dei Pink Floyd, connubio perfettamente in linea con l'innovazione e la genialità del padre dell'opera. Tra costumi rifiniti, colorati o specularmente cupi e una scenografia sospesa tra il paradiso e l'inferno, il gioco onirico prende piede con grande tenacia, ubriacando chi osserva, cullando dolcemente sul finale e dando voce al bellissimo dono che abbiamo e che dovremmo imparare ad usare nel migliore dei modi possibili: la parola".
"La rappresentazione è interessante nella sua veste moderna. [...] Sulle onde rock di Another Brick In The Wall dei Pink Floyd, le scene appaiono elettrizzanti, ricordando lo stage di un concerto dove Prospero è la rockstar indiscussa".
"Luigi Diberti emoziona nelle vesti di Prospero, rendendo i versi di Shakespeare le parole più spontanee che si siano ascoltate. E’ una perizia, un talento, una grande esperienza che l’attore armonizza in un ensemble di alta qualità. Non assistiamo, come spesso capita, ad un’espressione artista che nell’esercizio di stile trova il mero compiacimento di sè, ma colpisce di questa rappresentazione la sintonia degli attori nella loro comune creazione, come se l’uno accrescesse il ruolo dell’altro, in un’opera di cui il pubblico si sente il destinatario finale. Ogni personaggio si percepisce come il prodotto di un accurato lavoro sulla voce e sul corpo: come Calibano, interpretato da Alessandro Carbonara, che inquieta per la sua credibile mostruosità o Miranda, al contrario, che si apprezza per la sua fresca ingenuità; ma ad essere comici esilaranti sono Matteo Quinzi e Antonio Randazzo, che giocano sull’orlo dell’eccesso senza mai sconfinare nel prototipo di buffone".
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"Maurizio Panici lascia il pubblico e l’equipaggio della nave di Antonio, usurpatore del ducato di Milano, in balia del dramma, della commedia, ma soprattutto della parola in quanto tale che dopo il naufragio sembra approdare anch’essa sull’isola, lambire i piedi e farsi essa stessa mantello di un Prospero che proprio nella parola ripone la sua potenza. Al netto della riduzione che esalta del dramma in cinque atti non il contesto storico, non le lunghe esposizioni di antefatti ma una fruizione più agevole e simbolica, nel quale il contesto dell’opera si fa metafora del contemporaneo e la visione è tesa fortemente a interagire con la sensibilità del pubblico, la vicenda è quella dell’esiliato Prospero. [...] Mentre Miranda e Ferdinando si innamorano, mentre Calibano ruggisce e i naufraghi si attaccano a una bottiglia come illusorio legno nella tempesta che invece va vissuta come atto di rinascita. Lì, in alto, i microfoni sono solo per chi possiede il dono della parola. «Canta, Ariel, canta dolcemente, pericolosamente», scrive Auden e recita Prospero, e l’Ariel diretta da Panici, un’ispiratissima Claudia Gusmano, istrionica e seducente le segue: canta la sua Another Brick in the Wall – libertà! Della e dalla parola – e si muove in quella separazione dei corpi che vive con Prospero. Lei gambe e lui braccia da tendere ai libri prima e agli uomini poi; lei spirito aereo lui uomo che abbandona il trono della magia, che scende nella terra liberandosi del mantello con cui si erge a demiurgo, a consacrare il dramma di quel Prospero che diventa uomo e afferra tremando “il silenzioso passaggio dello sconforto”, riconciliandosi così con la società degli uomini".
"Panici crea abilmente una ballata che si barcamena, proprio come fosse in tempesta, tra la metrica serrata del testo, e il rock irriverente dei Pink Floyd, connubio perfettamente in linea con l'innovazione e la genialità del padre dell'opera. Tra costumi rifiniti, colorati o specularmente cupi e una scenografia sospesa tra il paradiso e l'inferno, il gioco onirico prende piede con grande tenacia, ubriacando chi osserva, cullando dolcemente sul finale e dando voce al bellissimo dono che abbiamo e che dovremmo imparare ad usare nel migliore dei modi possibili: la parola".
"La rappresentazione è interessante nella sua veste moderna. [...] Sulle onde rock di Another Brick In The Wall dei Pink Floyd, le scene appaiono elettrizzanti, ricordando lo stage di un concerto dove Prospero è la rockstar indiscussa".
"Luigi Diberti emoziona nelle vesti di Prospero, rendendo i versi di Shakespeare le parole più spontanee che si siano ascoltate. E’ una perizia, un talento, una grande esperienza che l’attore armonizza in un ensemble di alta qualità. Non assistiamo, come spesso capita, ad un’espressione artista che nell’esercizio di stile trova il mero compiacimento di sè, ma colpisce di questa rappresentazione la sintonia degli attori nella loro comune creazione, come se l’uno accrescesse il ruolo dell’altro, in un’opera di cui il pubblico si sente il destinatario finale. Ogni personaggio si percepisce come il prodotto di un accurato lavoro sulla voce e sul corpo: come Calibano, interpretato da Alessandro Carbonara, che inquieta per la sua credibile mostruosità o Miranda, al contrario, che si apprezza per la sua fresca ingenuità; ma ad essere comici esilaranti sono Matteo Quinzi e Antonio Randazzo, che giocano sull’orlo dell’eccesso senza mai sconfinare nel prototipo di buffone".
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L’ultimo grande testo di William Shakespeare, per molti un testamento, ma anche l’inizio di una nuova era. Oggi più che mai il sapere determina il controllo su tutto quello che si muove. Prospero ha il potere della conoscenza, è l’uomo che dà un nome alle cose, le fa esistere o le nega, è artefice della percezione di una realtà che continuamente ci sfugge e che ha bisogno di essere letta e decifrata.
"Ho lavorato due anni sulla riduzione di questo testo, concentrandomi sulla parola, una parola che diventa strumento di riscatto di un naufragio che è atto necessario per una possibile rinascita, dove la tempesta è lo specchio di una situazione prepotentemente attuale: duchi e mozzi, signori e poveracci convivono e s’intrecciano su uno stesso sfondo, questi ultimi espropriati dal potere della parola".
Maurizio Panici
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