Direzione artistica
Gioia Salvatori
Cristina Gardumi
La felicità è una cosa semplice
“Un mese dopo lo scoppio della bomba - in settembre tra le macerie - spuntarono germogli d’erba. Non potrò mai dimenticare la felicità che provai quando vidi nella crepa di un marciapiede un filo d’erba. La felicità è una cosa semplice”.
Kyoko Hayashi_”Nagasaki_i racconti dell’atomica”
La precedente stagione si è conclusa con uno spettacolo di Elena Arvigo, intitolato “I monologhi dell'atomica”, programmato all'interno della XXII edizione della rassegna La Scena Sensibile. Alla fine dello spettacolo, al setaccio delle emozioni, di quel respiro che lo spettatore si porta a casa con sé, rimaneva sospesa una frase:
la felicità è una cosa così semplice
A distanza di più di quarant'anni, due persone separate da migliaia di chilometri, appartenenti a culture e a epoche diverse, e 'sopravvissute’ entrambe alle due più grandi catastrofi nucleari nella storia dell’umanità, Nagasaki e Chernobil, hanno pronunciato la stessa, identica frase: LA FELICITÀ è UNA COSA SEMPLICE.
Questa frase ha risuonato come un allarme: Il mondo sta subendo grandi cambiamenti e come al solito non sono tutti disposti ad accettarli. La gente ha paura del cambiamento. La gente ha paura. E il terrore è un sentimento pericoloso, che spesso può precedere e addirittura innescare una catastrofe.
In questi momenti il senso dell'arte e la sua capacità di influenzare la cultura hanno una grande responsabilità: quella di dare un messaggio chiaro e inequivocabile che sia in grado di rilanciare l'importanza della grazia e della bellezza, che sappia trasportare le persone oltre le angosce e i cattivi pensieri, che sappia 'elevarci' attraverso le parole dei poeti e dei filosofi.
A rafforzare questa convinzione vediamo anche altri illustri artisti e curatori scegliere questa strada: Mariangela Gualtieri ha dato il titolo alla programmazione estiva del Kilowatt Festival, suggerendoci che “è tempo di risplendere”; Armando Punzo dall'alto della Fortezza Medicea di Volterra ci esorta a costruire “La Città Ideale”; Roberto Latini ci urla in faccia il suo grido muto che incita a una rivolta del pensiero: “IMMAGINAZIONE!”.
Ecco che dunque il senso di quelle parole, apparentemente effimere e leggere, acquista un peso e una solidità che sfidano l'orrore che si affaccia nelle strade di molte città d'Europa e del Mondo.
Queste poche parole invocano una 'distrazione necessaria', un volgere lo sguardo altrove, verso le cose che contano e che ci fanno sentire sicuri che nonostante il dolore sia sempre pronto a soffocare la nostra gioia, l'arte della felicità è qualcosa che nessuno potrà sottrarci se è custodita al sicuro, dentro le mura del nostro cuore.
La direzione artistica
Tiziano Panici – Francesco Frangipane
Finalmente un tema che ci procura grande nervosismo: la felicità.
Dice: "Che cos' è la felicità?"
Si tratta forse di saper godere della vita? Si tratta di accettare, sbaciucchiare il prossimo come se stessi? Ci sentiamo di affermare, dati alla mano, che non c'è niente di meglio di se stessi per rendersi infelici.
Non vi distraete.
Platone dice che Eros, l'amore, è figlio di Poros e Poenìa. Poros è il classico amante del vino e delle belle donne, l'anima della festa, biondone, un bel tipo; Poenia invece è mancanza, la piccola fiammiferaia ospite del condominio olimpico, la lamentazione miserabonda, Poenia tutta una questua, tutto un bisognare.
Ma torniamo all'esempio del caffè, un gesto semplice e procacciatore di felicità: se una mattina non c'è il caffè e la nostra colazione non decolla, come fare?
Come fare di fronte alla mancanza, alla povera Poenìa stracciona? Dove andare a pietire ciò che non c’è? E lì l'essere umano si incaglia.
Ma ora signori il punto: per sopperire a queste mancanze, a questo bisogno di felicità, bisogna inventarsi qualcosa. Ed è qui che rientra Eros.
Eros, putto riccioloforo con la mania del tiro con l' arco, esso Eros che un po' ha ripreso pure da quel praticone del padre Poros, non si spaventa, prende la mancanza sotto braccio, ci si specchia innanzi e trova il modo, l' amore e la pazienza necessari a mettere insieme quello che serve.
Per fare il caffè, al limite.
Ma questo fatto di amare, è la sfida di tutti i bipedi che deambulano sul selciato del mondo. Siamo oggi noi umani in grado di amare?
“No!” ridice il cinico. Che voglio dire però, il cinico, se continui così manco tu madre te risponde più al citofono. Dice è una cosa semplice la felicità. È semplice se Eros aiuta Penìa, se la mancanza è accolta con amore.
Beh! Che cos'è? Siamo in una rubrica di frattaglie new age?
No.
La felicità è semplice se ti metti a costruirla: niente di più vicino alla falegnameria del sé, ovvero niente di più rognoso, laborioso, frustrante e sciupatore di pazienza che esista.
Ma alla fine in parte sarebbe pure semplice.
Ma devi alzarti dal divano esistenziale su cui sei appollaiato, a incartapecorirti davanti alla televendita delle creme per le cosce, e portare a spasso Poenia, inventarti qualcosa, oppure, al limite, questo caffè, andare a prenderlo al bar e cominciare la tua porca giornata.
Gioia Salvatori
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